Chi era lo chef della Roma antica più famoso? La persona incaricata di allestire i più importanti banchetti a Roma. l banchetto romano, detto symposium o convivium, durava fino a tarda notte. Era un’occasione per gustare cibi e bevande elaborati e ricercati e stare insieme.
In età imperiale, la sobria alimentazione della Roma repubblicana basata su cereali, verdure e legumi (alimenti economici che per i poveri continuavano comunque a costituire la normalità) si era ormai trasformata in vera e propria gastronomia, ricerca di nuovi gusti e nuovi piatti.
Figura di spicco di questa tendenza fu, nel I secolo d.C., il famoso gastronomo Apicio, il cui ricettario venne adattato un paio di secoli dopo. Grazie a lui nasce il primo libro di cucina della storia. E’ il De re coquinaria. una raccolta di ricette di cucina romana. In queste ricette appare evidente l’importanza nella cucina romana, dei condimenti e delle salse, dolci e salate, per arricchire carne, pesce e verdure.
Il De re coquinaria di Apicio è uno dei tredici incunaboli del De re coquinaria ancora presenti nelle biblioteche italiane. L’incunabolo è un termine con cui si indica un libro stampato a caratteri mobili dalle origini della stampa fino all’anno 1500. Si tratta della editio princeps, ovvero della prima edizione a stampa di quest’opera, scritta prima che la stampa venisse inventata. L’incunabolo è costudito nella Biblioteca Vallicelliana vhe si trova nel centro storico di Roma, nel rione Parione. Questo testo ha tramandato il rifacimento del IV secolo, in latino, volgare, di quello originale del I secolo di Apicio
Chi era quindi lo chef della Roma antica
Di Apicio, conosciamo soltanto il suo cognomen, ovvero l’ultimo dei tre nomi dell’onomastica romana, una specie di soprannome che si acquisiva durante la vita per una caratteristica o un evento occorso, e che seguiva il praenomen, e cioè il nome personale attribuito alla nascita, e il nomen, vale a dire il nome della famiglia (gens), una sorta di odierno cognome.
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Riguardo questo chef della Roma antica sappiamo poco. Delle sue origini sappiamo soltanto che visse al tempo di Tiberio e che, stando ai racconti sul suo conto, era un amante del lusso, oltre che, naturalmente, un conoscitore della cucina.
Ai Romani piaceva mescolare gusti contrastanti. Si univano per esempio pepe e miele (lo zucchero era sconosciuto) o, per condire gli arrosti, miele e aceto. Il condimento forse più apprezzato, già noto ai Cartaginesi, era il garum, una sorta di salsa dal sapore forte. Nel De re coquinaria Apicio condisce con il garum almeno 20 piatti. Il garum era così comune che Apicio dà per scontata la ricetta e nel suo libro non ce l’ha tramandata. Scrive solo che è un prodotto che si realizza con la fermentazione delle interiora di pesce e pesce al sole, Senza neanche dire che erano preventivamente salate.
I banchetti
Nei banchetti romani di lusso si faceva grande consumo di cibi rari e costosi. Venivano anche trasformati in modo da renderli irriconoscibili e stupire gli ospiti.
Il banchetto romano prevedeva normalmente tre momenti.
La Gustatio. Una serie di antipasti (uova, insalata, funghi, olive, crostacei, salsicce, cetrioli, tartufi e salse varie), accompagnati dal mulsum, cioè da vino misto a miele oppure annacquato.
La Prima mensa. Era costituita da varie portate di pesce, uccelli (gru, pavone, fenicottero, pappagallo), carni di manzo, agnello e maiale, oltre a tutti i tipi di cacciagione. Vi erano poi carne di orso e di ghiro, considerata una vera ghiottoneria.
La Secunda mensa. Era più o meno un “dessert” , a base di frutta fresca e secca e dolci al miele.
Durante il banchetto, i commensali oltre a parlare e discutere di politica e affari, assistevano alle recite e alle danze dei mimi, ascoltavano la musica dei suonatori di flauto e di cetra.
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