La Fabbrica di San Pietro e i Sampietrini sono due parti di grande importanza nella storia di questa Città. Iniziamo parlando dei sampietrini. Questi sono i così detti selci che oggi puoi ammirare camminando in molte storiche strade romane. Sono infatti i piccoli blocchi di selce, da qui il nome, usati per pavimentare le strade di Roma. Ma da dove nasce il nome Sampietrino?
Parte tutto dalla Fabbrica di San Pietro. Questa storica istituzione nasce subito dopo il pontificato di Niccolò V che inizia una graduale manutenzione ed un parziale ampliamento della basilica di San Pietro.
E’ Giulio II a decidere definitivamente l’esecuzione di tutti questi lavori e per fare questo inaugura la Fabbrica di San Pietro il 18 Aprile 1506.
Nasce così questo ente che si occupa di tutto quanto necessario per il restauro e l’ampliamento della Basilica. Pensa che per fare tutti i lavori progettati servono oltre 120 anni.
Papa Giulio II per creare questa “fabbrica” nomina una commissione di sessanta uomini. A loro è affidato il compito di curare la costruzione e l’amministrazione della Basilica di San Pietro e la gestione di tutti gli operai. Della fabbrica di San Pietro entrano a far parte oltre a artigiani abilissimi anche grandi nomi dell’arte come gli architetti Giuliano da Sangallo, il Bramante e Gian Lorenzo Bernini . Tra i nomi più famosi ci furono anche quello di Raffaello e di Michelangelo a cui venne affidato l’incarico il primo gennaio del 1547.
Oggi la Fabbrica di San Pietro è l’istituzione che si occupa della cura dell’opera e nell’accoglienza dei pellegrini (da 30 a 50mila al giorno) .Deve gran parte della sua fama proprio ai Sampietrini, questi operai umili e silenziosi che sono stati determinanti per il compimento della Basilica. Umili come le pietre che diventano il pavimento della città di Roma e in loro onore sono chiamate appunto Sampietrini.
Ma chi erano questi uomini che in passato, quando non c’era l’elettricità avevano molti compiti come ad esempio quello di illuminare gli immensi spazi interni della cattedrale con la luce delle candele. Il più famoso Sampietrino è stato Nicola Zabaglia, un manovale con straordinarie capacità tecniche e l’uomo più importante per la costituzione di questo gruppo di operai specializzati. Zabaglia e gli altri manovali al servizio della Fabbrica diedero avvio a nuove sperimentazioni e realizzazioni.
Grazie a lui sono ideati e costruiti ingegnosi ponteggi per lavorare velocemente e in sicurezza. Zabaglia inoltre era un uomo molto stimato e riuscì a motivare tutti gli altri manovali della Fabbrica, favorendo la costituzione di uno spirito di corpo.
Questa loro idea di appartenere ad un gruppo importante portò alla richiesta nel 1757, da parte di tutti i manovali della Fabbrica, per ottenere una divisa che li differenziasse dai pellegrini e che li facesse riconoscere come persone che erano dedicate alla cura della Basilica.
Ed è proprio in questo momento che le maestranze al servizio della Fabbrica di San Pietro, fino ad allora indicate con il termine generico di manuali, assunsero il titolo di sanpietrini. Tutti uomini che avevano un grande senso di appartenenza a questa istituzione simile a una grande famiglia. Per questo la Fabbrica di San Pietro ha saputo tramandare alle nuove generazioni l’esperienza maturata in cinque secoli di continui lavori.
La Fabbrica di San Pietro è di grande importanza anche nella cultura della città di Roma tanto che nel tempo i cittadini romani proprio grazie a questa istituzione hanno creato due modi di dire di uso comune in città.
Il primo è usato per dire che ci si trova davanti ad un lavoro che sembra non avere mai fine. Si dice che è della Fabbrica di San Pietro ricordando i secoli che sono serviti per completare i lavori sulla Basilica.
Inoltre per completare tutte le opere decise dai papi sono stati necessarie tonnellate di merci. e da qui nasce il secondo modo di dire. Per portare i materiali per il cantiere attraverso tutte le dogane di Roma, senza pagare nessuna tassa, è utilizzato un piccolo stratagemma.
Si incideva su ogni pezzo l’acronimo in lingua latina di A.U.FA. cioè “Ad Usum Fabrice”. Queste parole indicavano che quella merce era destinata ad essere utilizzato nella fabbrica di S. Pietro.
In seguito a questa usanza che portava a ottenere un vantaggio economico nella tradizione popolare romana nacque subito la forma verbale “a ufo” o “auffa”. Queste parole ancora oggi sono utilizzate nel dialetto romano per indicare qualcuno che vuole ottenere le cose in modo gratuito senza pagare nulla.
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